giovedì 21 dicembre 2006

consumismo

Ognuno di noi si è gradualmente convinto nel corso degli anni che il consumo sia un esercizio ordinario, convenzionale, quasi banale, a cui non è necessario destinare particolare attenzione. Molte persone vivono l'atto del consumare come una cosa che riguarda solo se stessi, i propri gusti, le proprie voglie, il proprio portafoglio oppure il diritto, come consumatori, a non essere imbrogliati. Per contro la realtà insegna che il consumo è tutt'altro che un fatto privato e pone l'accento sul fatto che non può essere affrontato solo come attenzione ai prezzi e alla qualità delle merci di scambio. Il nostro consumo nel quotidiano non è un semplice “atto individuale” ma piuttosto un fattore che riguarda tutto il pianeta, l'intera umanità ad ogni livello. Il consumismo produce una miriade di effetti e si ripercuote rovinosamente sugli equilibri geopolitici favorendo congiunture egemoniche, oppressioni, sfruttamento, guerre, imbarbarimento e annichilimento culturale. Dietro a questo nostro gesto apparentemente spontaneo, vissuto ormai dai più come mera consuetudine del proprio agire quotidiano, si nascondono gravissimi problemi, di portata planetaria, di natura sociale, politica ed ambientale che nessuno può più permettersi di ignorare.

In un recente convegno sui giovani e il consumismo dal titolo “Trash Generation, nihilistic plague pathology” [generazione spazzatura, patologia della peste nichilista] gli stessi giovani, consumatori benestanti occidentali, hanno rivelato e denunciato un profondo malessere interiore che gli esperti hanno prontamente denominato harakiri psichico. Molti adolescenti interpellati hanno descritto la propria vita come “puro consumismo — essenzialmente indotto dalle tecniche pubblicitarie — che si unisce alla frustrazione che deriva dal non poter consumare quanto si vorrebbe”, la propria cultura come un “caos disperato di status e propaganda che genera una miscela esplosiva di repulsione contro i valori di condivisione e risentimenti contro il mondo, dove il confine fra reale e virtuale è celato in maniera insanabile” e la propria libertà “limitata alla scelta della squadra da tifare, al canale televisivo da vedere o alla merce da comprare al supermercato”. Alle spalle degli oratori un cartello riprendeva una frase della scrittrice Dorota Maslowska “...è una generazione perduta, allevata su un terreno inaridito di materiale sintetico, e germoglierà di fiori ostentatamente di plastica...”.


Eleonora Teso

lunedì 11 dicembre 2006

Cos'è il consumo critico

Il consumo critico è un comportamento che consiste nel comprare un prodotto sulla base non solo del prezzo e della qualità, ma anche in base all'impatto ambientale e sociale. Le valutazioni possono essere svolte sia sul prodotto che si vuole acquistare, sia più in generale sul comportamento del produttore o del gruppo industriale cui appartiene. Dall’interazione sinergica delle azioni svolte nei rispettivi campi (produzione, regolamentazione, distribuzione di servizi, controllo consapevole) può venire un nuovo modello di consumo sostenibile, che riesca a rafforzare coesione e benessere sociale in risposta a limiti ambientali e sociali.

Salemi Martina